L’ingresso delle tecnologie digitali nel settore produttivo rappresenta una vera e propria rivoluzione che può offrire numerose opportunità di leadership internazionale per l’Italia e le sue aziende, in particolare per quanto riguarda i comparti manifatturiero e agricolo.
Il nostro Paese è una delle principali potenze manifatturiere nel mondo e contribuisce alla generazione del 16,4% del valore aggiunto italiano.
L’Italia è sesta al mondo e seconda in Europa, dopo la Germania, per surplus commerciale manifatturiero, che ammonta a 113 miliardi di dollari. Per quanto riguarda l’agricoltura, attualmente, con 36,4 miliardi di euro, siamo il secondo Paese UE per valore aggiunto del settore agricolo, subito dopo la Francia.
Per rimanere competitivi in mercati sempre più dinamici e per affrontare le principali sfide globali, le imprese italiane devono inserirsi in questa rivoluzione “digitale” in maniera adeguata. Ma purtroppo, al momento, quello che manca sono le competenze.
L’Intelligent Manufacturing sta diventando sempre più importante nel settore industriale italiano, soprattutto per quanto riguarda la robotica industriale, l’intelligenza artificiale, l’Internet delle Cose e il Cloud e l’High Performance Computing.
Tuttavia, per cogliere appieno le potenzialità di queste tecnologie, sono fondamentali figure professionali altamente specializzate nelle tecnologie abilitanti.
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Carenza di Competenze 4.0 per le imprese: le cause
Secondo il recente studio “Verso un New Deal delle Competenze in ambito agricolo e industriale” di The European House – Ambrosetti e Philip Morris Italia, il 58% delle imprese ritiene che la carenza di competenze interne sia il principale ostacolo allo sviluppo della manifattura intelligente.
Le aziende cercano soprattutto competenze ICT avanzate, di AI e Machine learning, Data Science e Project management, ma anche competenze trasversali come la multidisciplinarietà e l’imprenditorialità.
Guardando alle aziende agricole, la Smart Agriculture rappresenta una soluzione per vincere le sfide legate al cambiamento climatico, alla transizione verde e all’aumento della popolazione che impattano sulla produttività della filiera agroalimentare.
Ma 4 aziende su 5 riscontrano difficoltà a reperire professionisti che abbiano sia competenze specifiche del mondo agricolo che quelle informatiche.
In particolare, per l’agricoltura intelligente si individuano quattro competenze chiave: digitali, tecnico-scientifiche avanzate, di sostenibilità, di comunicazione.
Fra le cause di queste difficoltà nel reperire competenze tecnologiche avanzate, una delle principali è sicuramente il ritardo italiano nella diffusione di competenze digitali e STEM: solo il 46% della popolazione adulta ha competenze digitali di base e solo il 16,9% di giovani tra i 20 e i 29 anni è laureato in discipline tecnio-scientifiche.
A questo ritardo si aggiungono la debolezza strutturale che riguarda la formazione professionalizzante, con solo 5.280 diplomati negli ITS nel 2020, e la difficoltà rispetto alla formazione dei lavoratori in entrata e di quelli già presenti.
Servono dunque figure professionali dotate di competenze sia verticali che trasversali, capaci di sviluppare o gestire sistemi produttivi sempre più digitalizzati, automatizzati e interconnessi.
Tre proposte per sviluppare le competenze 4.0
Ok, abbiamo analizzato quelle che sono le cause che hanno rallentato la trasformazione digitale, ma come possiamo tentare di risolvere la carenza di competenze 4.0?
Ecco tre proposte che potrebbero invertire la rotta della decrescita digitale nel nostro Paese.
1. Ridare centralità all’istruzione tecnico-scientifica
Entrambe le filiere esprimono insoddisfazione per i percorsi di formazione ad oggi esistenti.
Serve quindi prevedere meccanismi di coordinamento tra ITS e Università per combattere la dispersione scolastica, ad esempio investendo sull’orientamento obbligatorio a partire dal terzo anno di liceo, coinvolgendo università e imprese e avvicinando le ragazze al mondo STEM fin dai primi livelli di scolarizzazione (oggi solo il 17% dei professionisti ICT è donna).
In più, bisogna ridefinire i percorsi e i programmi degli istituti agricoli e agroalimentari favorendo un maggior allineamento con le esigenze delle imprese e, in linea con la riforma degli ITS appena realizzata, definire le nuove aree tecnologiche attorno alle quattro competenze chiave per l’agricoltore del futuro.
2. Incentivare la formazione continua
Numerosi ostacoli impediscono ai lavoratori di stare al passo con le competenze e mancano processi di potenziamento della formazione continua: serve disegnare nuovi assetti e nuove forme di incentivazione per la forza lavoro del domani, anche facendo leva su partnership pubblico-private.
Tra le proposte per l’ambito manifatturiero, possiamo pensare all’istituzione di titoli di studio dedicati, come ad esempio Master brevi o Corsi di Perfezionamento, che facilitino l’interscambio tra Università e mondo dell’impresa, e il potenziamento di meccanismi di incentivazione per la partecipazione a corsi di formazione, non solo per le imprese ma anche per i lavoratori.
In ambito agricolo è necessario ridefinire i programmi di formazione aziendale secondo le competenze chiave individuate, introdurre meccanismi di monitoraggio dell’efficienza dei singoli programmi e favorire la collaborazione pubblico-privato nello sviluppo di competenze, incentivando la costruzione di strutture di formazione ispirate dalle Academy aziendali di maggior successo. La creazione di distretti produttivi, attraverso il ruolo dei capofiliera, inoltre, incentiverebbe la partecipazione degli associati a momenti di formazione.
3. Definire obiettivi quantitativi concreti sulla formazione 4.0
Le proposte qualitative devono essere completate anche con specifici obiettivi quantitativi, che possano fungere da bussola per la riforma del sistema delle competenze e che dovranno agire trasversalmente sia in ambito manifatturiero che agricolo.
È necessario in questo senso definire target concreti quali la riduzione di almeno un terzo del gap con Germania nel dimensionamento degli ITS, arrivando a circa 200mila iscritti, o il potenziamento degli ITS agroalimentari, favorendo l’istituzione di almeno 1 ITS agricolo per Regione (oggi 7 Regioni scoperte) e potenziando il numero di iscritti complessivi.
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Manifattura 4.0: le sfide per il rilancio nel 2023
Il 2023 rappresenta l’anno in cui si spera che si confermino e si concretizzino i progetti del PNRR, ma soprattutto che si rilancino le imprese manifatturiere e con esse l’intero sistema nazionale.
Abbiamo bisogno di un’applicazione effettiva e dell’operatività attesa dalle nuove riforme, di coinvolgere realmente e attivamente le imprese private.
La transizione digitale in Italia rappresenta un’opportunità unica per rilanciare la produttività e quindi la crescita del Paese.
Secondo l’Istat, l’Italia ha registrato una crescita del 3,9% per il 2022 e, nonostante il terribile biennio 2021-2022, l’Italia potrebbe raggiungere un aumento del PIL complessivo del 10,6%, superiore a tutti gli altri Paesi del G7.
Le priorità e le azioni immediate per confermare l’auspicio di rilancio della produttività e crescita del Paese includono l’annullamento della tendenza negativa dell’Italia degli ultimi 20 anni, attraverso l’investimento in ricerca e innovazione, la promozione di pratiche manageriali avanzate, il potenziamento dei processi di digitalizzazione, la semplificazione della regolamentazione e lo sviluppo di un ambiente economico favorevole.
È necessario sviluppare e consolidare un ecosistema nazionale di eccellenza in cui le imprese possano operare e svilupparsi, ricco di competenze e conoscenze, di buone pratiche da condividere e di luoghi dove far maturare le idee e le nuove tecnologie. L’ecosistema dovrà abilitare il “digital trust” e l’integrazione dei processi delle imprese con l’esterno, rafforzando le filiere strategiche e sostenendo lo sviluppo di nuove filiere produttive.
Inoltre è importante garantire la formazione continua del capitale umano, sia upskilling che reskilling, per non lasciare nessuno indietro. L’ecosistema contribuirà in modo naturale alla coesione territoriale e sarà fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e circular economy.
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