Competenze digitali per la digitalizzazione dell’Industria italiana

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1 Settembre 2021

Industria (o impresa) 4.0, “quarta rivoluzione industriale”, internet of things.
Sono molte le definizioni entrate nel linguaggio comune per identificare questa trasformazione tecnologica che ha comportato anche una modifica delle competenze richieste con una decisiva spinta verso le competenze digitali.

Ma cosa intendiamo esattamente per Industria 4.0?

Dall’utilizzo di software alla digitalizzazione dei processi; dalla conoscenza (fino ad arrivare a una rapida padronanza) della nuova strumentazione tecnologica alla capacità di adattarsi ai rinnovati processi aziendali, anche attraverso forme flessibili di organizzazione del lavoro (smart working, compreso).

La rivoluzione in atto portata da Industria 4.0 sta cambiando, e rapidamente, specie nelle imprese più innovative, professioni e competenze; e non sempre la “formazione” delle risorse umane è in linea con le novità in arrivo: molto spesso gli imprenditori lamentano competenze esclusivamente “teoriche”, scarso spirito imprenditoriale e, in genere, è abbastanza elevato il gap “digitale”.

In un quadro del genere formazione e apprendimento (possibilmente permanente) rappresentano una scelta obbligata per lavoratori e imprese.

Ma quali sono le competenze del futuro, richieste dalle aziende?
Accendere un computer? Manovrare un robot?
Scopriamole insieme!

[Aggiornato il 22 maggio 2024]

La definizione di Industria 4.0

Ma andiamo con ordine.

Abbiamo esordito parlando di Industria 4.0 ed è fondamentale comprendere meglio il suo significato e il contesto nel quale essa si sviluppa per individuare le competenze digitali del prossimo domani.

Con “Industria 4.0” si intende un modello di produzione e gestione aziendale.
Secondo una definizione che ne dà il MISE, gli elementi che caratterizzano il fenomeno sono «connessione tra sistemi fisici e digitali , analisi complesse attraverso Big Data e adattamenti real-time». In altre parole: utilizzo di macchinari connessi al Web, analisi delle informazioni ricavate della Rete e possibilità di una gestione più flessibile del ciclo produttivo.

Le tecnologie abilitanti, citate sempre dal MISE, spaziano dalle stampanti 3D ai robot programmati per determinate funzioni, passando per la gestione di dati in cloud e l’analisi dei dati per rilevare debolezze e punti di forza della produzione.

I problemi dello sviluppo dell’Industria 4.0 in Italia

Sono stati diversi gli incentivi fiscali e gli investimenti che in questi anni hanno rappresentato una svolta importante per il processo di digitalizzazione dell’industria italiana (e altri ne arriveranno con il Recovery Plan), eppure rimane aperto un doppio problema verso la completa adozione del paradigma di Industria 4.0: il primo è quello delle competenze e della mancanza di figure professionali adatte a guidare l’innovazione dentro le imprese; il secondo è relativo all’implementazione concreta dei progetti di digitalizzazione.

Secondo una recente indagine di EY, solo il 14% delle aziende italiane ha già raggiunto uno stato avanzato di sviluppo dei progetti di industria 4.0 caratterizzato da progettualità evolute e soluzioni innovative in grado di scambiare dati dagli impianti di fabbrica ai sistemi informativi.

Il ritardo da colmare, comunque, non è tanto sulle infrastrutture quanto sul capitale umano: mancano manager e professionisti con le qualifiche adatte, capaci di muoversi all’interno dei nuovi sistemi.

Il gap nelle competenze digitali

L’Italia è in posizione arretrata in Europa per quanto riguarda le competenze digitali: quint’ultima nella classifica delle competenze digitali nell’ambito del nostro continente, con oltre il 50% della popolazione attiva che ne è privo, dice un rapporto presentato a febbraio 2021 dalla Corte dei Conti Ue.

Professioni legate alle competenze digitali

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 ha tuttavia portato a un’accelerazione senza precedenti nella digitalizzazione dei processi: volenti o nolenti, gli italiani si sono ritrovati a usare piattaforme tecnologiche per le conversazioni e il lavoro a distanza, a ordinare i pasti o la spesa online, a fare acquisti su piattaforme di e-commerce. Improvvisamente le competenze digitali, perlomeno quelle di base, sono diventate un requisito indispensabile.

Secondo Unioncamere, per lavorare nelle imprese in Italia le competenze digitali sono richieste per 7 assunti su 10. Eppure il 28,9% di questi profili, ovvero circa 940mila posizioni lavorative, è difficile da reperire per inadeguatezza o ridotto numero di candidati.

La Rivoluzione 4.0 porterà alla creazione di nuove figure professionali e di nuove competenze

È inevitabile immaginare in un’ottica di lungo periodo, un fenomeno di “distruzione creatrice’’: il digitale contribuirà alla creazione di posti di lavoro che si basano su nuove competenze e molti impieghi si trasformeranno ma, allo stesso tempo, potrà innescare la distruzione di impieghi sostituibili da processi automatizzati.

Manager dell’etica digitale, ingegnere del 4.0 in versione lean, esperto di big data, esperto nella robotica collaborativa, IT integration manager e “consulente” digitale sono le sei figure identificate come vincenti nel futuro a breve. Che entro il 2030 “brucerà” secondo le stime 400 milioni di posti di lavoro manuali, per produrre però un numero superiore di figure maggiormente competenti in ambito digital.
A patto, naturalmente, di averle formate per tempo.

E non bisogna pensare che le competenze digitali siano richieste solo nelle aziende tecnologiche! Sono diventate infatti necessarie praticamente in ogni settore dell’industria tradizionale.
Basti pensare a un comparto un tempo esclusivamente “fisico” come il retail, dove il cliente non è più solo quello che entra dalla porta del negozio, ma è anche l’acquirente su Internet, per cui stanno nascendo una serie di interazioni tra online e offline . Competenze digitali sono essenziali anche nell’automotive: un tempo c’era l’operaio metal-meccanico che costruiva la macchina, oggi le auto sono connesse, a guida autonoma, self driving…

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Industria 4.0: le competenze digitali

Parlando di Industria 4.0 si pensa solo alle tecnologie, ma senza competenze per farle funzionare investire è inutile o quasi. Il cambiamento va realizzato mettendo al centro le persone.

Sarà sempre più importante lavorare per formare, coltivare e aggiornare costantemente le competenze digitali, o digital skills.

Una prima definizione di Competenze Digitali è stata proposta, nel 2006, dal Parlamento Europeo in un documento che indicava le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente.

La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle ICT (Information and Communication Technologies, Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione): l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet”.

Le competenze digitali sono un vasto insieme di abilità tecnologiche che consentono di individuare, valutare, utilizzare, condividere e creare contenuti utilizzando le tecnologie informatiche e Internet.

Leggi anche: Quali sono i lavori e le nuove professioni post Covid?

Competenze digitali: competenze basiche e competenze specifiche

Le Digital Skill possono spaziare dalle competenze “basiche” – come una generale alfabetizzazione digitale o la capacità di affrontare temi di complessità crescente – a competenze più specifiche ed evolute, come la capacità di operare in simbiosi con nuove tecnologie (ad esempio robot collaborativi o esoscheletri), di aver capacità imprenditoriali nuove per tenere conto dell’allargamento al livello di fabbrica dei processi decisionali; di approcciare ogni processo considerandone le implicazioni in termini di cybersecurity.

Nel 2017 AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale, ha definito la roadmap per il monitoraggio e l’accrescimento delle competenze digitali. Ecco come le ha suddivise:

1. Competenze digitali di base

Le competenze digitali di base sono le capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Sono competenze utili a tutti i cittadini per poter partecipare alla società dell’informazione e della conoscenza ed esercitare i diritti di cittadinanza digitale.

2. Competenze specialistiche ICT

Le competenze digitali specialistiche riguardano professionisti e futuri professionisti ICT e sono richieste sia nel settore privato che nel settore pubblico.

L’e-CF European e-Competence Framework 3.0, strumento di riferimento europeo dell’Agenda Digitale per la definizione delle competenze dei professionisti ICT, definisce la competenza ICT come “una dimostrata abilità di applicare conoscenza (knowledge), abilità (skill) e attitudini (attitude) per raggiungere risultati osservabili”.

3. Competenze di e-leadership

Le competenze di e-leadership, o e-business, sono le capacità di utilizzare al meglio le tecnologie digitali all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione e di introdurre innovazione digitale nello specifico settore di mercato in cui si opera.

Le competenze digitali si integrano strettamente con le competenze trasversali tipiche del leader e con le competenze specifiche di settore. Esse includono anche le “competenze digitali per il lavoro”, che devono essere possedute da tutti i lavoratori, poiché tutti i lavori richiedono la capacità di utilizzare le tecnologie digitali.

Competenze digitali: Digital Hard Skills e Digital Soft Skills

In generale le competenze digitali si possono ricondurre a due macro categorie: le Digital Hard Skill e le Digital Soft Skill.

1. DIGITAL HARD SKILLS

Le Digital Hard Skill sono le Competenze Digitali tecniche di base che definiscono una figura professionale.

Si possono acquisire a scuola, all’università, attraverso master e corsi di perfezionamento, ma anche sul posto di lavoro.

Le Hard Skill sono quantificabili e rientrano tra le competenze da inserire nel curriculum vitae.

Qualche esempio di Digital Hard Skills: saper usare programmi e pacchetti informatici, conoscere linguaggi di programmazione, saper usare specifici macchinari e strumenti di produzione.
In particolare, in questa categoria rientrano le competenze tecniche che riguardano l’area SMAC (Social, Mobile, Analytics, Cloud), cui si aggiungono quelle su Intelligenza Artificiale, Robotica, IoT, Cybersecurity.

2. DIGITAL SOFT SKILLS

Le nuove skill a elevata qualificazione non saranno esclusivamente di natura tecnologica, ma si riferiranno a un mix molto più complesso.

Per questo motivo avranno un ruolo sempre più importante le Soft Skill, ovvero le abilità trasversali, che riguardano relazioni e comportamenti delle persone in qualsiasi contesto lavorativo.

Le Digital Soft Skill si apprendono prevalentemente sul campo e sono difficilmente quantificabili: dipendono dalla cultura, dalla personalità e dalle esperienze vissute dal singolo.

Alcuni esempi di Digital Soft Skills: la capacità di risolvere problemi complessi, di gestire il cambiamento, di collaborare e relazionarsi, di adattarsi con flessibilità e di comunicare; il knowledge networking che consente di recuperare e capitalizzare le informazioni che si trovano in rete; il new media literacy, ovvero il grado di alfabetizzazione rispetto ai nuovi media, ai loro linguaggi e ai loro formati; la capacità di gestire i flussi comunicativi online nel rispetto della netiquette aziendale.

Leggi anche Tra competenze digitali e soft skill: le professioni più richieste in Italia

Competenze Industria 4.0

Le Competenze Digitali trainate dall’Industria 4.0

Tra le aziende cresce la domanda di nuove competenze tecniche, in particolare legate al mondo dei big data, dell’intelligenza artificiale, dell’IoT, della robotica e del cloud computing.

Interessante una ricerca sulle web vacancies condotta da WollyBi-Italian labour market digital monitor, che ha individuato le nuove figure emergenti, attraverso nomi e descrizioni utilizzati proprio dalle stesse aziende. Sono state inoltre estrapolate anche le hard skills richieste espressamente dall’Industria 4.0.

  • Nell’area Amministrazione, marketing e vendite emergono abilità legate a social network, Seo copywriting o gestione dei blog: un segnale che anche le aziende industriali stanno cercando di valorizzare le nuove tecnologie
  • Nell’area Progettazione, produzione automatica e logistica prevalgono security e connettività
  • Nell’area Sistemi informativi le skill più gettonate ruotano attorno alla data analysis: controllo e gestione dei dati

Reskilling: l’importanza di formare i dipendenti alle nuove competenze

Come evidenzia il rapporto di McKinsey Global Institute “Jobs lost, jobs gained: Workforce transitions in a time of automation“, entro il 2030 ben 375 milioni di lavoratori, ovvero circa il 14% della forza lavoro globale, potrebbe aver bisogno di cambiare la sua categoria professionale, come conseguenza dei cambiamenti che digitalizzazione, automazione e progressi dell’intelligenza artificiale.

Ecco perché si parla di Reskilling, intendendo il processo di apprendimento di nuove competenze in modo da poter svolgere un lavoro diverso o di formare le persone per svolgere un lavoro diverso.

Sempre secondo un sondaggio di McKinsey condotto su 1.500 manager, del settore pubblico e privato, i dirigenti vedono sempre più gli investimenti nel Reskilling dei lavoratori esistenti come una priorità aziendale urgente: è emerso che colmare le potenziali carenze di competenze legate all’automazione / digitalizzazione all’interno della propria forza lavoro è una tra le prime dieci priorità da gestire per il 66%.

Leggi anche Formazione finanziata: le competenze come leva di sviluppo e competitività

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La sfida della Logistica 4.0: formare le competenze digitali

Un settore in forte crescita e che sta scommettendo molto sulla formazione delle nuove competenze digitali è la logistica.

In particolare la logistica italiana, grazie al lockdown, è uscita dal cono d’ombra nel quale è stata ingiustamente relegata per anni, dimostrando di svolgere un ruolo cruciale per la tenuta del Paese.

Gli esperti chiedono strategie definite per aumentare la capacità del sistema della logistica italiana, per stabilizzare la liberalizzazione del mercato, per ampliare le opportunità di business degli operatori, per aumentare il tasso di digitalizzazione e sostenibilità ambientale del settore.

Tra le azioni strategiche, anche un piano mirato a elevare la formazione nel settore, che oggi sconta una grave carenza di personale qualificato.

Va chiarito che parlare di svolta digitale nella logistica significa partire da un dato di fatto: il settore, che contribuisce nel suo insieme a circa il 9% del Pil nazionale, è composto da una miriade sterminata di piccole e talvolta micro realtà imprenditoriali. Delle circa 90mila imprese logistiche italiane invece attive in ogni segmento della supply chain, oltre l’85% ha meno di 5 milioni di fatturato e meno di 10 addetti di media (fonte Confetra).

L’ampliamento della sfera di competenza dell’attività logistica, spingerà quest’ultima a gestire un flusso fisico e informativo sempre maggiore, dal quale ricavare i dati necessari alla corretta ottimizzazione del lavoro.

E qui entra in gioco la componente decisiva dell’intero processo: le risorse umane.

La logistica del futuro sarà una continua interazione dinamica, uno scambio di informazioni bidirezionale, che metterà in connessione tutta la catena logistica.

Il logistico 4.0 non potrà prescindere da conoscenze informatiche e digitali, strumenti che svolgeranno un ruolo sempre più centrale.

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Maria Luisa Bertana

Content & Community Manager presso ITS Servizi alle Imprese di Roma.

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