Il Futuro della Scuola passa (anche) per il Metaverso

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11 Gennaio 2023

Dimentica la polverosa aula, la tradizionale lavagna in ardesia col suo corollario di gessetti e cancellino!

Le aule potrebbero non avere più pareti nel futuro prossimo, trasformate in uno spazio aperto dove si lavora insieme sfruttando le potenzialità di un sapere condiviso, grazie alla rete e mediante testi anch’essi aperti al contributo di tutti.

L’epidemia di Coronavirus, che per diversi mesi ha costretto gli studenti a restare a casa, ha accelerato un processo che, nelle scuole, era già in atto da un po’ di tempo anche grazie all’impegno di aziende ed enti che sul territorio hanno supportato gli istituti in questa direzione.

Basti pensare, ad esempio, all’utilizzo sempre più consolidato di strumenti quali la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) e il registro elettronico, o del ricorso, ormai quotidiano, al web per fare ricerche o trovare supporto nello svolgimento dei compiti a casa.

Tutto questo e molto altro ancora ci racconta una realtà completamente trasformata negli ultimi anni: è il nuovo universo della scuola e dell’insegnamento.

Pandemia e Scuola: le prime trasformazioni digitali

Durante la pandemia che ci ha travolto nel 2020, quanto abbiamo parlato su questo blog dei cambiamenti che hanno riguardato il mondo dell’istruzione?

A causa dei limiti alla presenza in classe imposti dal Covid-19, le nuove tecnologie, da semplici appendici, si sono trasformate, negli ultimi mesi, nello strumento essenziale per consentire lo svolgimento della didattica. Sono diventate, insomma, parte integrante del mondo dell’istruzione dimostrando le loro incredibili potenzialità anche una volta rientrati in aula.

Fa effetto osservare che se un tempo gli studenti erano muniti di  quaderni, oggi davanti ai loro occhi anche un semplice foglio di carta può animarsi se inquadrato con lo smartphone grazie ad una app. Basta un tocco sullo schermo per accedere a materiali interattivi, video, link utili e molto altro.

Non c’è più posto, in cartella, per pesanti dizionari, ma neppure per una snella calcolatrice, compagna fedele in passato dei compiti di matematica: si può avere tutto a portata di clic, in uno smartphone o un tablet. Ci sono anche gli e-text book, supporti digitali per tablet che permettono di seguire un percorso formativo personalizzato, a seconda che lo studente preferisca leggere, vedere video o seguire lezioni.

Pure un salto fisico alla biblioteca si trasforma e si sostituisce, dalla propria postazione a casa o a scuola, con un’immersione nella rete, dove i giovani studenti possono accedere a un’infinita mole di notizie e informazioni.

E anche iscrizioni, pagelle, registri, compiti e note, comunicazioni con alunni e famiglie hanno un cuore digitale, immediatamente consultabili da casa.

Didattica Ibrida: verso una scuola stimolante e coinvolgente

Ma l’aula, nell’epoca del post covid, ritornerà ad essere quella di prima, con slide, videoproiettori, lezione frontale?

No, la lezione del futuro sarà profondamente diversa: la sfida che oggi il mondo dell’education si trova a cogliere è proprio che la modalità di lavorare e studiare online diventi una componente integrale dell’educazione.

Le lezioni del domani saranno più brevi, meno frontali, con esperienze digitali e soprattutto integrate con attività pre e post aula, prevalentemente digitali.

Stiamo parlando della cosiddetta Didattica Ibrida, ovvero un approccio all’apprendimento dove fisico e digitale si integrano e coesistono in modo efficace, dando vita a qualcosa di nuovo e dalle maggiori potenzialità.

Possiamo ormai parlare di hybrid classroom come il modello prevalente dei prossimi anni: l’aula si riposiziona nello spazio privilegiato dell’interazione tra docenti e allievi, ma evolve verso format interattivi dove si affrontano insieme i problemi, si sviluppano progetti, si allenano le abilità. L’esperienza diventa più calda e coinvolgente e quindi più efficace didatticamente.

Didattica ibrida

Le stesse attività dell’aula possono poi avvalersi di strumentazioni digitali, per connettersi con altre aule, accedere a biblioteche virtuali, far interagire le strumentazioni individuali dei partecipanti, come tablet e smartphone, fare test, creare lavagne virtuali.

Nelle organizzazioni più evolute sono presenti attività immersive in ambienti di simulazione con avatar, realtà aumentata e realtà virtuale, le cosiddette nuove aule del metaverso.

L’aula si trasforma, di volta in volta, in palestra formativa per allenare le persone sulle competenze critiche, in convention formative, in laboratorio teatrale o in laboratorio progettuale, si integra con l’e-learning, l’auto-apprendimento, il coaching.

Le nuove aule sono normalmente integrate da una fase pre-aula ed una post-aula, gestite in modalità online ed offline.

La fase di pre-aula

La fase di pre-aula risponde ad alcune finalità specifiche, che sono quelle di attivare il discente favorendo l’engagement sull’esperienza formativa, di far emergere le conoscenze tacite ed implicite del learner, di accendere il desiderio di apprendere e di fornire un set di conoscenze e competenze base, che verranno approfondite e sviluppate nella fase di aula.

Nelle scuole e nella aziende, questa attività dà origine ad un format definito “flipped classroom”, in senso letterale classe rovesciata, dove l’allievo studia in modalità e-learning prima di andare in aula le parti più teoriche della materia da apprendere, che può andare dallo studio di semplici video del docente a corsi e-learning più strutturati con simulatori, esercizi e prove da superare, per poi ritrovarsi in aula per lavorare nella modalità “problem based learning” dove si affrontano casi concreti, si sviluppano project work, ci si confronta su quanto studiato e in alcuni casi si attivano sfide e giochi didattici.

La fase di post-aula

La fase del post–aula viene progettata per facilitare l’applicazione delle conoscenze e delle competenze acquisite dai learner ed usare quanto appreso nel lavoro, con pillole formative fruite da APP che richiedono pochi minuti al giorno di studio, utili a mantenere vivo l’apprendimento e rinforzarlo continuamente.

Leggi anche: Soft Skills: cosa sono e come inserirle nel tuo Curriculum Vitae

Metaverso nelle scuole: alcuni casi in Italia

Così, se un tempo si imparava la geografia semplicemente ruotando il mappamondo, ecco che oggi, in classe, grazie ai visori per la realtà virtuale si può andare alla mattina alle Maldive e, al pomeriggio, nella Foresta amazzonica. Se, in passato, si studiava la storia dell’Antica Roma con monografie e immagini di corredo, oggi si può sperimentare, con i propri occhi (virtuali), cosa significasse essere all’interno del Colosseo durante un combattimento tra gladiatori.

Questi studenti non si trovano realmente nel 32 avanti Cristo, ma potranno osservare Marco Antonio mentre dibatte nell’antica Roma”. Un giorno, sebbene questi studenti saranno in un’aula virtuale, ciò che impareranno insieme sarà reale”.

Forse ti sarà capitato di imbatterti in questo spot guardando la tv. Lo hai riconosciuto? È il nuovo spot di Meta, dedicato alla formazione nel Metaverso e conferma l’interesse di Mark Zuckerberg per questa tecnologia, tanto da averlo spinto a cambiare il nome del gruppo Facebook in Meta.

E forse ti sarà capitato di scoprire, leggendo qua e là tra le notizie sul web, che cominciano ad aumentare le realtà scolastiche che decidono di introdurre le tecnologie immersive del Metaverso nelle aule e nelle metodologie didattiche.

Qualche esempio?

Elena Rubbà ha 22 anni e si è laureata allo Iulm di Milano qualche mese fa. Nulla di strano, se non fosse che la sua tesi è stata discussa in un’aula virtuale nel Metaverso.

Per realizzare il suo elaborato finale – dal titolo Costruzione del Self in un ambiente virtuale: il caso Second Life – la studentessa ha intervistato circa venti avatar incontrati nel mondo virtuale, dove anche lei chiaramente era presente in “versione digitale”.

Elena è la prima laureata nel Metaverso a Milano, prima studentessa in tutta Italia dopo Edoardo Di Pietro, il 25enne toscano che aveva discusso la sua tesi sotto forma di “avatar“ il primo di luglio all’Università di Torino.

E sempre a Milano è nata la prima scuola nel Metaverso, un primato tutto italiano visto che il progetto pilota è degli studenti dell’istituto St. Louis School di Milano. Sono loro infatti che potranno sperimentare per primi un nuovo metodo di apprendimento ibrido, in grado di approfondire e potenziare il loro percorso di studi.

Il gruppo di lavoro che ha presentato l’iniziativa in questi giorni, ha sottolineato come il progetto sia destinato a divenire parte integrante dei propri obiettivi educativi: approfondire l’apprendimento e ispirare tutti gli studenti a raggiungere il loro potenziale unico.

Inspired sarà così il primo gruppo di scuole globali a sviluppare una scuola nel Metaverso e la costruirà sulla base della sua prestigiosa scuola fisica Reddam House nel Berkshire, Regno Unito. La scuola potrà essere raggiunta da qualsiasi parte del mondo dagli studenti Inspired per approfondire la loro esperienza di apprendimento attraverso l’insegnamento collaborativo e l’apprendimento in Virtual Reality.

A Napoli invece è nata la prima università che applica in maniera sistematica la didattica partecipata e laboratoriale, in realtà mista all’interno dei propri corsi di laurea. L’Università Federico II di Napoli è il primo ateneo ad avviare la sperimentazione della Hybrid Learning Spaces, soluzione sviluppata da Hevolus Innovation e Microsoft Italia.

L’Università Federico II vuole mettere a disposizione dei propri studenti tecnologie innovative per la didattica: un modello esperienziale interattivo e multidisciplinare in grado di porre lo studente al centro, coinvolgendolo in prima persona e stimolando il suo spirito di iniziativa.

Leggi anche: Opportunità di lavoro nel Metaverso: tra realtà e fantascienza

Come prepararsi al Metaverso: nuove competenze e spazi adatti

L’hybrid classroom richiede una nuova e più complessa progettazione, il disegno di nuove architetture di apprendimento, l’allestimento di ambienti formativi digitalizzati, una nuova postura del docente, che da erogatore di lezioni passa a regista di processi di apprendimento, esalta la sua funzione maieutica, evolve verso una nuova forma di educatore che possiamo definire learning coach, perché stimola sempre più l’autoapprendimento dei suoi allievi.

Metaverso

Milioni di lavoratori dovranno aggiornarsi nei prossimi anni per tenere il passo delle continue innovazioni ed il mondo della formazione, per essere protagonista ed attore positivo di questi processi, dovrà mettere anche se stesso al centro dei processi di re-skilling.

Non è un caso che nell’ambito del PNRR sia previsto un programma di innovazione didattica per avere lezioni più interattive e studentesse e studenti più coinvolti. È il “Piano Scuola 4.0”, che prevede uno stanziamento di 2,1 miliardi di euro per trasformare 100.000 classi tradizionali in ambienti innovativi di apprendimento e creare laboratori per le professioni digitali del futuro negli istituti scolastici del secondo ciclo.

Finalità principale è la creazione di un ecosistema delle competenze digitali, in grado di accelerare la trasformazione digitale dell’organizzazione scolastica e dei processi di apprendimento e insegnamento.

La misura prevede infatti la creazione di un sistema multidimensionale per la formazione continua dei docenti e del personale scolastico per la transizione digitale, articolato in un polo di coordinamento sull’educazione digitale promosso dal Ministero dell’istruzione.

Allo stesso tempo si prevedono importanti investimenti di carattere infrastrutturale, sia per digitalizzare gli ambienti di apprendimento, sia per colmare le carenze degli edifici scolastici in termini di sicurezza ed efficienza energetica.

In quest’ottica si punta alla trasformazione degli spazi scolastici affinché diventino “connected learning environments”, cioè adattabili, flessibili e digitali, con laboratori tecnologicamente avanzati e un processo di apprendimento orientato al lavoro.

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Maria Luisa Bertana

Content & Community Manager presso ITS Servizi alle Imprese di Roma.

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