

Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno. Per fortuna! direte voi. Chi non vede l’ora di lasciarsi alle spalle questo anno difficile?
Ma fine anno è anche tempo di bilanci, un momento per esaminare quello che è stato il percorso e cominciare a tracciare quello futuro, nell’ottica di un continuo miglioramento.
E se parliamo di lavoro, come è andata quest’anno? Quali sono state le condizioni dei lavoratori?
In una manciata di mesi il modello tradizionale di lavoro è diventato smart working, un concetto che non include solo il lavoro dipendente e subordinato, ma ne rivoluziona i presupposti perché cambia i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, svincolando quest’ultimo dalle logiche tradizionali e soprattutto da un luogo fisso, oggi identificato con un’abitazione – segnando una svolta irreversibile nell’organizzazione del lavoro.
Da leggere: Smart Working. L’innovazione del lavoro
Se da una parte, però, la pandemia ha portato con sè profondi cambiamenti e ha accelerato trasformazioni lasciate in sospeso da tempo nel nostro Paese, è vero anche che la crisi ha provocato in tutto il mondo disoccupazione, sospensione del lavoro e riduzioni di reddito.
E le donne, insieme ai giovani, sono state le prime vittime della crisi: il tasso di occupazione femminile è sceso 48,4%, ovvero inferiore al 50%, con punte più basse nell’Italia meridionale, dove 7 donne su 10 non lavorano.
Contents
- Crisi epidemiologica: la battaglia su più fronti delle donne
- Le conseguenze della pandemia sulle donne
- Le donne e la pandemia: qual è la situazione
- Disparità salariale e lacune retributive di genere
- Manovra 2021: il Fondo imprenditoria femminile
- Manovra 2021: come funziona il Fondo imprenditoria femminile
- Finanziamenti a supporto delle imprese femminili: Scelgo di Essere. Libera!
Crisi epidemiologica: la battaglia su più fronti delle donne
1. Sovrapposizione del lavoro con gli impegni domestici e familiari
Tutto è acuito in tempo di Covid per le donne. Perché su di esse agisce il sovrapporsi del lavoro familiare ed extradomestico nella stesse ore della stessa giornata; costringendole a scegliere di abbandonare il lavoro o trasformarlo in part time, quando non siano già state licenziate per le assenze obbligate dal sovraccarico.
Il peso del lavoro di cura dei figli, delle persone anziane non autosufficienti e delle persone con gravi disabilità grava sulle spalle delle donne ed è assolutamente sproporzionato fra i generi. E questo spinge il 65% delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, a non lavorare per motivi legati alla maternità e al lavoro di cura.
Il sovraccarico che ha contraddistinto le settimane di blocco ha gravato ulteriormente sulle spalle delle donne:
- la chiusura delle scuole e la clausura dei nonni hanno accresciuto gli oneri di cura e istruzione dei figli, persistentemente e prevalentemente gravanti su spalle femminili (spesso le donne che sono riuscite a difendere il proprio posto da remoto, cioè da casa, si sono viste — e in Italia si vedono tuttora — costrette a sovrapporre ore di attività professionale/familiare in condizioni di disagio).
- la rifocalizzazione della sanità verso le terapie Covid ha indirettamente reso più difficile e meno sicuro l’accesso ai servizi per esigenze biologicamente legate alle donne, come le patologie riproduttive o il parto.
2. Impego delle donne nei settori assistenziali
Molti dei settori «essenziali» in cui si è continuato a lavorare offline durante la pandemia sono a prevalenza femminile. Nella sanità e nei servizi sociali due terzi del personale è composto da donne, ma il divario è presente anche nella vendita al dettaglio (pensiamo ai supermercati), nei call center, nelle attività di pulizia…
Ma le donne sono più presenti anche nei settori «non essenziali» (fermati dal lockdown) che ora affrontano una contrazione drammatica: turismo, ristorazione e in generale i servizi (dove è femminile l’84% della forza lavoro).
Dato il crollo della domanda, molte imprese attive in quest’area hanno dovuto usare massicciamente la cassa integrazione, alcune hanno chiuso e non riapriranno. Le donne si sono dunque trovate strette in una tenaglia: nei settori essenziali, hanno subito più degli uomini le conseguenze del contagio; nei settori congelati dalla quarantena, sono state e sono più esposte al rischio di penalizzazioni retributive se non di licenziamento.
Le conseguenze della pandemia sulle donne
La crisi pandemica ha colpito un’economia e società che avevano già bassi tassi di occupazione femminile, scarse politiche di conciliazione lavoro-famiglia, stereotipi di genere molto rigidi con una divisione del lavoro in famiglia in base al genere ancora molto asimmetrica, anche se in lentissima evoluzione. E grandi differenze territoriali in tutti questi aspetti. La crisi pandemica ha insieme accentuato questi aspetti e reso visibile il fragile equilibrio su cui si tenevano.
Dopo la pandemia, sono rimaste ulteriormente senza uno stipendio, o comunque senza un’entrata, quasi 500.000 donne, senza contare quelle che hanno perso il lavoro in nero, che non entrano nelle statistiche, eppure sono tantissime.
Le donne e la pandemia: qual è la situazione
Dal rapporto Gender equality index viene confermato nel nostro Paese il gap tra uomini e donne, divario che va combattuto prima di tutto sul luogo di lavoro. A sottolinearlo è l‘Osservatorio sulle mamme che lavorano, newsletter che nasce dal progetto “Donne e futuro” e che commenta i dati appena pubblicati dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige).
Dal rapporto emerge che nel nostro Paese le donne hanno un tasso di occupazione inferiore a quello degli uomini: i contratti a tempo indeterminato per le donne si attestano al 31% del totale, mentre per gli uomini al 51,4%. Inoltre, guadagnano meno e sul luogo di lavoro scontano quella che viene definita “segregazione occupazionale”, essendo distribuite in maniera non uniforme tra le varie professioni.
Come riporta l’Osservatorio, circa il 30% di tutte le lavoratrici sono occupate nell’istruzione, nella sanità e nel sociale, rispetto all’8% degli uomini. Mentre altri settori dominati da questi ultimi, basti pensare che solo il 17% degli specialisti in tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni è donna.
Ma è nelle coppie con figli che il divario lavorativo di genere si acutizza: le mamme sono infatti limitate sia nelle scelte di vita sia in quelle per l’istruzione. La maggior parte è “intrappolata in lavori di bassa qualità”, riporta l’Osservatorio, che sottolinea anche come la “segregazione di genere” sia “peggiorata durante la crisi generata dal Covid-19”, dato che è diventata sempre più alta “la domanda di operatori sanitari”.
Disparità salariale e lacune retributive di genere
Un altro tema di discussione è senz’altro il Gender pay-gap, ovvero la disparità salariale.
Il Global Gender Gap Report 2020, appena pubblicato, segnala che l’Italia è scesa dal 70° al 76° posto mondiale nella classifica dei Paesi che attuano la parità salariale. Una donna italiana guadagna in media circa 17.900 euro l’anno rispetto ai 31.600 maschili e a fronte di molte più ore lavorate, perché viene pagata proporzionalmente meno e fa molto più lavoro non retribuito di un uomo (lavori domestici, cura dei figli, ecc.).
Le lacune retributive di genere rappresentano una delle maggiori ingiustizie sociali di oggi e per questo motivo tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile 2030 dell’Onu c’è «la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti e la parità di retribuzione per lavoro di pari valore».
Secondo i dati raccolti, un fattore che pesa sul divario salariale è la maternità. Le lavoratrici madri hanno stipendi più bassi rispetto a quelle senza figli. Ciò può essere legato a una serie di cause, tra cui interruzioni o riduzioni dell’orario di lavoro, occupazione in mansioni più favorevoli agli impegni familiari, ma che comportano salari più bassi o stereotipi nelle decisioni relative agli avanzamenti di carriera.
E spesso, tra le cause del differenziale retributivo, c’è la minore capacità negoziale delle donne nei confronti del datore di lavoro, dovuta alla necessità di barattare la flessibilità di orario con una retribuzione più bassa. Inoltre, le donne, indipendentemente dal fatto che abbiano o non abbiano figli, sono pagate meno degli uomini, perché molte aziende ritengono che possano, anche in proiezione, produrre potenzialmente meno a causa di ipotetiche assenze sul lavoro dovute a possibili responsabilità di cura della famiglia.
Manovra 2021: il Fondo imprenditoria femminile
Gli stereotipi e le discriminazioni sono duri a morire e rendono il mondo femminile più fragile e persino più esposto alla recessione da Covid. Il Recovery plan potrebbe essere un’occasione da non perdere per cominciare ad aggredire le profonde diseguaglianze di genere che attraversano il nostro Paese, a partire dal mercato del lavoro.
Con la Manovra 2021, ancora in fase di approvazione definitiva, a misure per le famiglie come l’assegno unico e il bonus asilo nido, si affiancano gli sgravi contributivi per le assunzioni di donne disoccupate e gli incentivi a sostegno dell’imprenditoria femminile.
Nasce così un nuovo Fondo impresa femminile, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022. Obiettivo: promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra le donne e massimizzare il loro contributo, quantitativo e qualitativo, allo sviluppo economico e sociale del Paese.
«Colmare lo storico divario occupazionale che in Italia separa le donne dagli uomini non è solo una battaglia di civiltà, ma anche un’opportunità straordinaria per rafforzare l’intero mercato del lavoro e rimettere in moto un’economia frenata dall’emergenza Covid-19», così ha dischiarato su Facebook il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che ha promosso il Fondo.
Leggi anche Startup femminili: come trasformare la propria idea in una realtà imprenditoriale
Manovra 2021: come funziona il Fondo imprenditoria femminile
Nonostante le imprese in rosa siano cresciute a un ritmo molto più intenso rispetto a quelle maschili negli ultimi cinque anni, al momento il trend di crescita delle aziende guidate da donne risente degli effetti del Coronavirus, che ne ha bloccato le nuove nascite e l’andamento positivo in generale.
Considerando questo contesto, il Fondo prevede il finanziamento di:
- interventi per supportare l’avvio dell’attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili, con specifica attenzione ai settori dell’alta tecnologia;
- programmi ed iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile;
- programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile va adeguata alle indicazioni di livello comunitario e nazionale
Da quanto detto emerge come il Fondo non sia finalizzato a sostenere esclusivamente l’avvio di attività o a rafforzare finanziariamente quelle esistenti, ma anche a diffondere la cultura imprenditoriale tra le donne e a finanziare e sostenere la loro formazione.
Più in dettaglio, gli interventi possono prevedere:
- contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili, con particolare attenzione alle imprese individuali e alle attività libero professionali in generale e con specifica attenzione a quelle avviate da donne disoccupate di qualsiasi età;
- finanziamenti a tasso zero, finanziamenti agevolati, combinazioni di contributi a fondo perduto e finanziamenti per avviare e sostenere le attività di imprese femminili;
- incentivi per rafforzare le imprese femminili, costituite da almeno 36 mesi, sotto la forma di contributo a fondo perduto del fabbisogno di circolante nella misura massima dell’ottanta percento della media del circolante degli ultimi 3 esercizi;
- percorsi di assistenza tecnico-gestionale, per attività di marketing e di comunicazione durante tutto il periodo di realizzazione degli investimenti o di compimento del programma di spesa, anche attraverso un sistema di voucher per accedervi;
- investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle imprese a guida femminile tra le start-up innovative e delle PMI innovative, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;
- azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile italiano e degli interventi finanziati attraverso le norme del presente articolo.
Da leggere: Avviare una Startup innovativa nel 2020. Aspetti normativi e finanziari
Comitato Impresa Donna: cos’è
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha istituito il Comitato Impresa Donna che ha il compito di:
- attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo;
- formulare raccomandazioni relative allo stato della legislazione e dell’azione amministrativa, nazionale e regionale, in materia di imprenditorialità femminile e più in generale sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia;
- contribuire alla redazione della menzionata relazione annuale e condurre analisi economiche, statistiche e giuridiche relative alla questione di genere nell’impresa.
Il Comitato individua e promuove le azioni e gli strumenti più idonei per migliorare e moltiplicare concretamente le opportunità per le donne di realizzare attività di impresa, contribuendo anche alla diffusione di quella cultura imprenditoriale necessaria alla crescita ed al consolidamento delle iniziative.
Il Comitato si propone inoltre come punto di riferimento per le imprenditrici e le aspiranti imprenditrici, offrendo spazi di rappresentanza per esigenze e fabbisogni dell’imprenditoria femminile sul territorio, creando occasioni di confronto tra le diverse modalità di conciliare lavoro e vita familiare, fornendo uno stimolo alla creazione di informazioni, servizi e opportunità su misura per le donne creatrici d’impresa.
Sgravi contributivi per le assunzioni di donne disoccupate
In via sperimentale per il biennio 2021-2022, la manovra prevede l’stensione a tutte le assunzioni di donne, effettuate a tempo determinato nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo attualmente previsto a regime solo per le assunzioni di donne in determinate condizioni, al contempo elevando, limitatamente al suddetto biennio, dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro.
Da leggere: Legge di Bilancio 2020. Sgravi fiscali e agevolazioni per l’assunzione dei giovani
Finanziamenti a supporto delle imprese femminili: Scelgo di Essere. Libera!
Gennaio sarà il mese delle grandi aspettative. Ci auguriamo di liberarci presto dal virus, speriamo di poter rivedere amici, parenti, di tornare a viaggiare…
E aspetteremo con ansia le misure economiche che verranno varate per sostenere l’economia del nostro Paese, le piccole e medie imprese e i lavoratori indipendenti, tutte le realtà lavorative messe in ginocchio dalla crisi epidemiologica.
A gennaio vedremo se verranno esaudite le nostre speranze di una società dove la parità di genere e il rispetto della dignità della donna siano il giusto riconoscimento dei diritti costituzionali e non un regalo, una concessione.
Certo, la strada è ancora lunga e spetta alle istituzioni in primis sostenere lo stendardo di questa rivoluzione, che è soprattutto culturale e parte dai banchi di scuola, dalle famiglie.
Nel frattempo, vorrei condividere con te questa opportunità della Regione Lazio, che ho scoperto recentemente e che mi è piaciuta molto. Il Covid ha intensificato anche la violenza sulle donne: la convivenza forzata ha aumentato i casi di violenza domestica e la perdita del lavoro e quindi la mancata indipendenza economica ha imprigionato milioni di donne tra le mura dei propri carnefici.
La Regione Lazio, attraverso Lazio Innova S.p.A., ha promosso un’azione d’innovazione sociale destinata ad affiancare i centri antiviolenza nelle attività di collocamento delle donne nel mondo del lavoro, sostenendo in particolare lo sviluppo di progetti di autoimprenditorialità promossi dalle donne.
In collaborazione con Global Thinking Foundation, fondazione no profit che opera in favore dell’empowerment delle donne e che supporta la parità di genere grazie a progetti volti all’inclusione economico-finanziaria di tutte le cittadine e i cittadini, si intende promuovere il Laboratorio di impresa, “Scelgo di Essere. Libera!”, finalizzato allo sviluppo di un progetto di tipo imprenditoriale di sostegno all’autonomia delle donne vittime di violenza di genere.
Attraverso la presente Call si intende promuovere la candidatura di idee imprenditoriali presentate da donne inserite nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, certificati dai Centri antiviolenza inseriti nella mappatura regionale, in forma individuale oppure in team, che attraverso l’acquisizione di competenze imprenditoriali siano accompagnate alla conoscenza di metodologie che supportino il passaggio delle idee in progetti d’impresa.