Giugno… tempo di estate e voglia di vacanze per gli studenti, tempo di bilanci e analisi per gli insegnanti e i coordinatori didattici.
In questo periodo in cui abbiamo abitato (a volte anche letteralmente, visto il tempo che ci abbiamo trascorso) le piattaforme di tutte le nostre attività, stiamo utilizzando le medesime piattaforme anche per i colloqui di fine anno, che, nel caso dei percorsi ITS, sono le interviste agli studenti in preparazione agli stage, per accompagnarli nell’analisi dei propri desideri al fine di pianificare un progetto professionale.
In questo giugno, così ancora distante dalle vacanze (così come le sogniamo), mi sorprendo a scoprire che proprio quest’anno di distanziamento gli studenti hanno trovato significativamente rilevante, per la loro crescita personale e professionale, il lavoro in team e i project work lanciati dalle aziende.
Annoto con interesse questi elementi, che qualche mese fa avrei considerato come gli elementi “svantaggiati” o depotenziati dalla didattica a distanza. E invece no!
Contents
- Design Thinking a distanza: il Teamworking riscoperto e la creatività dei Project Work
- Partnership con le Aziende, innovazione e transformazione
- Design Thinking: processo creativo o processo di metodo?
- Cos’è il Design Thinking: le 5 fasi della Progettazione
- L’Efficacia del Metodo Creativo: il Design Thinking e gli ITS
Design Thinking a distanza: il Teamworking riscoperto e la creatività dei Project Work
In effetti, anche nei mesi di lockdown non sono mancati i casi studio e le richieste di project work provenienti dalle aziende o dalle associazioni di imprese.
Questa pratica, tipica dei percorsi ITS, consente di affrontare, come fosse un laboratorio o una sfida, richieste provenienti da aziende su esigenze reali e rilevanti.
Le classi si trasformano in gruppi di lavoro con la supervisione di esperti e di facilitatori che scandiscono i tempi e gli step, fino alla presentazione della soluzione al committente.
Questo è ciò che permette, nello svolgimento ordinario, agli studenti ITS di utilizzare in maniera integrata gli apprendimenti e di allenare le competenze trasversali e il Problem Solving.
Partnership con le Aziende, innovazione e transformazione
Eppure anche in modalità video, le richieste, sfidanti e spesso anche urgenti, sono arrivate ancora più numerose. Paradossalmente, il fatto di essere più facilmente raggiungibili ha permesso di raccogliere e accogliere diverse domande di innovazione e di trasformazione di processi aziendali.
E così i team di lavoro (trasformazione ed evoluzione delle classi didattiche) hanno accolto la sfida (doppia) di elaborare soluzioni originali e innovative nonostante i limiti della distanza e l’impossibilità degli spostamenti.
Piattaforme per agevolare il commercio di prossimità, narrativa innovativa per start up, processi per turismo balneare, Intelligenza artificiale a supporto della scelta del vino … e una user experience per scoprire la vera identità del BioParco: queste sono solo alcune delle sfide arrivate sui nostri “banchi” e su cui i team stanno lavorando.
Da leggere: Metodologia didattica e competenze abilitanti per Industria 4.0
Design Thinking: processo creativo o processo di metodo?
Come possono degli studenti, giovani, seppure “apprendisti” tecnici specializzati, affrontare le richieste di innovazione di aziende che hanno know how ed esperienza?
I ragazzi raccontano nelle interviste – e in particolare nei “percorsi di efficientamento dei processi aziendali e logistici (EcoInfoLogistica)” – che ciò che li ha maggiormente sorpresi, all’interno del percorso di studi è scoprire come un processo creativo quale quello del Design Thinking sia in realtà basato sulla ricerca e sia un processo di metodo!
Creatività, orientamento al risultato, capacità di focalizzare gli elementi salienti, mettere a fuoco i fabbisogni, sono gli ingredienti del processo progettuale del Design Thinking.
La creatività è importante soprattutto quando si àncora alla concretezza del caso e si concentra sul problema di un utente (Personas).
“Come possiamo noi aiutare il sig. X a fare meglio y…?” È la formula per accogliere ogni sfida.
Da leggere: Il Delta della Didattica: Design Thinking alla base degli ITS 4.0
Cos’è il Design Thinking: le 5 fasi della Progettazione
Cos’è veramente il Design Thinking, questo approccio metodologico e didattico che gli ITS italiani hanno accolto e adottato sotto la guida del team del prof. Micelli dell’Università Ca’ Foscari?
Il Design Thinking è un modello progettuale utilizzato per risolvere problemi complessi, impiegando una gestione creativa.
Chi pensa che la creatività sia “sregolatezza” non ha mai avuto a che fare con il Design Thinking.
È un approccio che consente di ricercare soluzioni innovative e originali e che pertanto si adatta ad essere applicato in processi aziendali e didattici, in particolare finalizzati alla realizzazione di prototipi (innovazioni di prodotto o di processo).
Esso è stato elaborato dai ricercatori dell’Università di Stanford e ha trovato applicazione sia nella produzione che nel management.
Il Design Thinking si basa sulla ricerca e sul mettere a fuoco il bisogno.
Si concentra sulle azioni e indaga le motivazioni dei comportamenti, per individuare in quale fase della Journey map va a collocarsi la soluzione. A quale bisogno risponde concretamente, quale azione asseconda, facilita o migliora, quale frustrazione può essere trasformata in soddisfazione.
È dunque un processo organizzato in fasi, l’una propedeutica alla successiva.
Si parte da una richiesta concreta, una domanda (generalmente posta da un utente o da una azienda).
1. Prima Fase: L’Empatia
La prima fase si concentra sull’Empatia. Partendo dalla premessa che è vietato pensare alla soluzione, il primo momento fondamentale si basa sulla scoperta e sull’indagine del terreno o campo in cui interviene la domanda.
Si analizzano testi, articoli, siti, si ricercano informazioni, ma soprattutto si osservano gli utenti o user, cioè coloro che hanno direttamente a che fare con il prodotto o con il processo su cui si interviene.
Si intervistano cercando di far emergere racconti, vissuti, esperienze concrete da cui trarre quante più informazioni possibili su come viene utilizzato l’oggetto o il servizio. Si osservano le azioni, i comportamenti. Il Designer si libera del proprio pregiudizio per fare posto all’utente. È la sua esperienza che viene focalizzata.
Talvolta chi elabora soluzioni lo fa immaginando come l’utente o il consumatore dovrebbe comportarsi. Nel DT non si immagina, ma si osserva, si chiede.
Il target è una persona fisica (poi verrà tramutata in User Personas per aggregare dei fabbisogni o delle caratteristiche di più soggetti rappresentativi), non si fanno medie ponderate, ma ci si concentra sui comportamenti concreti e sulle difficoltà che il Sig. X o la sig.ra W incontrano nel compiere quel gesto o quella azione.
2. Seconda Fase: La Definizione
Dalla fase di Empatia si passa alla Definizione. L’analisi di tutti gli elementi permette di riformulare la domanda ricevuta dal committente.
Si definisce, sulla base delle esperienze analizzate, il campo effettivo di intervento e nello specifico il bisogno su cui si intende intervenire. Lo si fa descrivendo la Journey map dello User e la sua identità. È importante avere un soggetto “concreto” per cui progettare.
Il percorso del Designer si àncora alla concretezza delle azioni dello user (Chi sta facendo cosa e come si sente).
Produce output visivi e condivisi dal team in tutte le fasi, affinché sia sempre possibile verificare che le osservazioni, le formulazioni, le soluzioni proposte rispondano effettivamente e fattivamente al bisogno manifesto del nostro soggetto target.
Non progetta in maniera astratta, non nutre il narcisismo autoreferenziale del progettista, il Design Thinking realizza, in maniera sartoriale, la soluzione sul problema.
Ecco perché è importante identificare correttamente il tema e il problema, che nella maggior parte delle volte non è esattamente quello formulato dal committente.
3. Terza Fase: L’Ideazione
È l’effetto sul problema l’oggetto della terza fase: l’Ideazione.
Qui il team si concentra sulla domanda che ha formulato nella fase precedente: sta progettando una soluzione in grado di aiutare X a fare meglio (o avere una esperienza positiva) rispetto alla situazione W evitando la condizione K.
La formulazione della domanda permette di capire in quale fase del processo si inserisce la soluzione e quale emozione va ad attivare. Se la soluzione, infatti, modifica o interviene su azioni, la motivazione al comportamento (adesione, acquisto, partecipazione) è dettata dall’emozione che la suscita.
Le soluzioni possono essere tante e diverse: questa fase permette di immaginare quale effetto deve avere la soluzione e qual è il risultato che si intende perseguire.
4. Quarta Fase: La Prototipazione
Arrivati a questo punto non resta che provare a realizzare queste soluzioni: è il momento della Prototipazione. Questa fase è fantasia e creatività ma anche concretezza e logica.
La prototipazione consente di disegnare il funzionamento (simulandolo) dell’oggetto o processo. Se il prototipo è ben fatto (carta, cartone, gift, lego, storyboard, ecc) si evidenziano i punti di forza e di debolezza. Ciò permette di tornare indietro o di fare un primo test con il committente.
Da qui in poi entrano in gioco tecnica, tecnologia, maker, ecc.: il prototipo diventa reale e inizia a prendere forma. Può essere più o meno perfezionato o avanzato, ma il prototipo è pronto per entrare nella fase di TEST.
5. Quinta Fase: Test
Nella fase del Test si prova, si stressa, si verificano materiali, costi, funzionalità.
Da qui in poi si può procedere con gli strumenti più conosciuti del Canvas o del Business Plan. L’attuazione o il ritorno alla fase precedente dipende anche dal mercato e dall’azienda.
Da leggere: Startup femminili: come trasformare la propria idea in una realtà imprenditoriale
L’Efficacia del Metodo Creativo: il Design Thinking e gli ITS
Il Design Thinking ha permesso agli ITS italiani di prototipare circa 80 soluzioni nel 2019 per altrettante aziende (dall’aerospazio alla moda, dalla farmaceutica all’enologia, dalle calzature al turismo).
Gli ITS dotati di processi di Design Thinking si candidano a far atterrare la creatività nelle aziende, producendo risposte e proposte prototipali in circa 4-5 mesi.
La meraviglia e le potenzialità del DT sono note e si stanno diffondendo in maniera capillare tra i centri e aziende specializzate e di consulenza, ma a noi piace anche per altri motivi, diciamo didattici.
Esso infatti insegna:
- Ad osservare
- A mettere al centro la persona (l’utente, l’uomo)
- A non saltare alle conclusioni
- A non suggerire soluzioni
- Ad ascoltare
- A formulare domande
- A fare ricerche
- A evidenziare tutti gli elementi e a raccoglierli in cluster
- A ricercare i particolari distonici
- A non fare supposizioni, ma scandire sequenze di comportamenti osservabili
- A non innamorarsi dell’idea (soprattutto della prima che ci viene). Perché spesso la soluzioni migliore è la più semplice e perché quando arrivi a formulare la domanda, sai che ora sei vicino alla soluzione
- A fare verifiche e test
- A tornare al punto precedente se qualcosa non funziona (senza buttare tutto)
Perché ci piace?
- Perché procede per step (ognuno verificato e verificabile) ed è un processo low cost
- Perché alterna pensiero divergente e convergente
- Perché allena concentrazione e focalizzazione
- Perché è pratico e visivo
- Perché produce qualcosa di tangibile
Ciascuno dei punti elencati rappresenta il contenuto/oggetto di una formazione preziosa e rara, capace di essere trasferita e applicata a ciascun settore e processo aziendale in cui si vada a operare.
Quindi si allena tutto il processo, e si coltivano i singoli elementi.
La capacità di saper ascoltare, di entrare in empatia, osservare e ricercare, riformulare la domanda, orientare il servizio o prodotto sulla richiesta/fabbisogno sono gli strumenti preziosi per un tecnico esperto e un professionista in grado di lavorare in contesti in evoluzione.
Aver potuto affrontare sfide e richieste anche in questo periodo ne è la prova.
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