L’accesso al mondo del lavoro visto dalle due prospettive: Aspirante giovane Dipendente VS Esperto Imprenditore
La Repubblica (intesa come sede di cittadinanza, benessere collettivo, libertà, democrazia) oggi è impensabile se non coltiviamo e valorizziamo le competenze.
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L’incontro e le aspettative tra imprenditori illuminati e competenze giovani
Chiacchierando e ascoltando i ragazzi e giovani che ricercano lavoro, mi è sembrato in più occasioni di percepire un dualismo antitetico, latente e sottinteso, piuttosto radicato, quasi una conflittualità tra chi svolge una attività imprenditoriale e chi decide di cercare lavoro prestando la propria opera.
Insomma questo dualismo permea la nostra cultura creando una sorta di rivalità e talvolta ostilità travestita da ammirazione o da riconoscimento. Eppure abbiamo assistito, negli anni passati, in cui la crisi ha acceso i riflettori sugli imprenditori, a testimonianze concrete di chi ha deciso di continuare, nonostante le problematiche, l’incertezza e la riduzione dei ricavi, e di mantenere la propria attività per senso di responsabilità o per opportunità e fiducia nel futuro.
“Non morirò con i soldi in banca”
La cronaca ci riporta (tra gli altri che spesso fanno più notizia) di imprenditori che per senso di responsabilità nei confronti delle famiglie dei propri dipendenti fanno fronte agli impegni e al proprio mandato. Lo scorso anno (era l’inizio di febbraio) la cronaca si è soffermata su un imprenditore vicentino che, per favorire la qualità della vita dei dipendenti della propria impresa, ha deciso di pagare l’asilo e le scuole dei figli dei dipendenti erogando un bonus in modo non episodico (prevedendolo fino al 2025). La sua affermazione sembra sia stata “non morirò con i soldi in banca”, segno che il valore che attribuisce al lavoro svolto e all’azienda che ha creato e fatto crescere non è solamente un valore economico.
La storia del nostro Paese è ricca di scelte imprenditoriali consapevoli che hanno legato il nome e il destino delle aziende ai territori in cui sono nate, restituendo alle comunità locali benessere, cultura, investimenti e ricchezza.
“Repubblica fondata sul lavoro”
Nonostante queste storie, che andrebbero riprese e raccontate, siano nel DNA della nostra Italia, chi si avvicina al mondo del lavoro lo fa con pregiudizio e senso di contrapposizione.
Basterebbe farsi raccontare e spiegare da un esperto come il nostro Codice Civile nato nel 1942 abbia riconosciuto un ruolo primario all’imprenditore come a colui che si assume il rischio di valorizzare capacità e risorse per favorire lo sviluppo economico ed il benessere della Collettività. E come tale riconoscimento sia stato in qualche modo confermato ed esteso nella Costituzione del 1948 nell’articolo 1 secondo cui l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
I significati di tale affermazione sono molto più profondi e storicamente significativi di quanto oggi possiamo percepire.
“Il lavoro fondato sulle competenze”
Credo che gli ITS e gli Istituti secondari, grazie anche all’alternanza e ai progetti che li portano in contatto con le imprese e le sfide dell’innovazione, da questo punto di vista svolgano un buon lavoro, anche culturale, permettendo di avvicinare questi mondi e fornendo ai ragazzi la possibilità di conoscere, comprendere e apprezzare il contesto aziendale in cui desiderano entrare.
Solo con tali premesse si può affrontare il tema delle competenze.
Da leggere: Lo Specchio e le Competenze: come scrivere il Curriculum
Quali sono le competenze ricercate dagli imprenditori?
Se fino ad ora abbiamo raccontato i pregiudizi e i timori di chi si avvicina o tenta di entrare, in maniera forse un po’ ingenua (spontanea, senza una riflessione o adeguata analisi), nel mondo del lavoro, le difficoltà e le richieste anche dall’altra parte non sono sempre così chiare e decodificabili.
Così, da qualche settimana, ho ripreso a intervistare imprenditori, manager, esperti di impresa e consulenti aziendali e dell’organizzazione, chiedendo loro quali siano le competenze e gli elementi che rendono appetibile un candidato alle imprese (e nello specifico alle loro imprese).
Nonostante le persone sentite abbiano background differenti e provenienze settoriali e geografiche piuttosto disparate, le risposte sono tra loro molto simili. E sono molto coerenti con i risultati dell’indagine a cui abbiamo partecipato lo scorso anno, con la Fondazione ITS Servizi alle Imprese, per individuare le competenze richieste dalle imprese e le trasformazioni delle figure professionali nel settore su mandato del Ministero dell’istruzione – Indagine profili tecnico Superiore.
Uno dei consulenti intervistati sostiene, sintetizzando in maniera eccezionale le indicazioni raccolte, che le imprese cercano nel candidato ideale un 40% tra competenze informatiche, project management e gestione di progetti in genere, inglese e lingue. Insomma, quelle che in un precedente articolo abbiamo definito come base skilsl. Il restante 60% è un mix di problem solving, gestione del tempo e autonomia, capacità di lavorare in team.
A tal proposito, per comprendere meglio cosa siano e cosa si intenda per soft skills, vi segnalo un articolo interessante che fornisce una definizione di quelle che, nel 2016, il World Economic Forum aveva individuato essere le competenze richieste nel 2020… guardate un po’ che sorpresa!
Leggi per approndire: Le 10 competenze più richieste
Comunicazione e organizzazione tra gli elementi più richiesti dalle aziende
Tornando alle nostre ricerche ed esperienze dirette, i manager intervistati considerano importante porre attenzione alle competenze comunicative dei candidati. Qui si spazia dalle capacità di comunicazione interpersonale alla comunicazione scritta. Quest’ultima desta perplessità poiché la comprensione del testo, l’analisi e la capacità di rielaborazione dei concetti, la produzione di contenuti che segua registri differenti sembrano scarseggiare e non essere più capacità da dare per scontate, indifferentemente dal titolo o livello di studio dei candidati.
N.B. questa indicazione è condivisa dal rapporto OCSE che parla di analfabetismo funzionale.
Alle competenze di comunicazione descritte si aggiungono, nei contesti diversi, quelle legate alla capacità di organizzare presentazioni (i cosiddetti Pitch), la capacità di coinvolgimento narrativo, di elaborare dei report, di stilare delle mail fino ad arrivare alla comunicazione social. Insomma la comunicazione rimane uno degli elementi più richiesti e trasversalmente applicabili, ma con l’aggiunta di saper declinare tecniche e registri ai diversi contesti.
Ed è proprio la capacità di leggere e interpretare il contesto che rappresenta un’altra competenza richiesta: un mix dinamico di comprensione e organizzazione delle informazioni, adattabilità, responsabilità e capacità di riconoscere il proprio ruolo in un sistema complesso.
Qui sembra che le aziende pongano attenzione e manifestino interesse per la capacità di collaboratori e tecnici di sentirsi parte dell’organizzazione o del team, assumendo e autoriconoscendo l’importanza del proprio contributo, valore e impegno nel rispetto dei contributi, impegni e valori altrui. Insomma, la capacità di lavorare in team non significa solamente organizzare funzioni e compiti, definire tempi e consegne, ma comprendere come questi siano tra loro interconnessi e assumere la consapevolezza e la responsabilità dell’impegno atteso.
In altre parole, il tornare a connettersi con gli altri in maniera autentica e diretta, imparando a condividere obiettivi, difficoltà, frustrazioni e successi.
Da leggere: Figure professionali più richieste dal mercato del lavoro digitale
L’importante ruolo della leadership e delle competenze trasversali (Soft Skills)
Infine, un esperto di management internazionale ci fa un regalo e ci suggerisce di porre attenzione alla leadership: secondo lui, nei prossimi anni, assisteremo ad una trasformazione nelle competenze e nei contenuti con cui oggi identifichiamo la capacità e funzionalità di leadership.
Questo in parte sarà il risultato di una trasformazione nei processi aziendali e organizzativi, ma anche nei flussi e nell’acquisizione di informazioni, che imporranno una riorganizzazione dei processi aziendali. Se aumenta la complessità serve elevare il livello di chiarezza, organizzazione e analisi e ridefinizione dei processi … e su ciò accendiamo una spia di attenzione!
Ad ogni modo le aziende confermano che la differenza nella selezione di un candidato la fanno le competenze trasversali!
E se istruire e addestrare è più semplice e immediato, formare e valorizzare le competenze trasversali in un tecnico è una sfida che abbiamo già accolto!