Ricorderemo per molto tempo questa estate un po’ insolita, che porta con sè gli strascichi di un virus che ancora minaccia la nostra quotidianità. Ma anche questa estate non fa eccezione e, come le altre, segna la fine di un periodo di riposo e la ripresa di un nuovo anno lavorativo e scolastico.
Mentre alcune realtà stanno lentamente tornando alla normalità, molti professionisti italiani cominciano a chiedersi quando potranno rientrare in ufficio.
Dunque torna un tema caldo del periodo del lockdown: lo Smart Working.
In alcuni contesti si continuerà a sperimentare il modello del lavoro da remoto: come nella Pubblica Amministrazione, dove un emendamento al decreto Rilancio stabilisce che il 50% dei dipendenti che possono farlo rimarrà in Smart Working fino alla fine del 2020, e dal 1° gennaio del prossimo anno la quota salirà al 60%. I lavoratori coinvolti saranno quasi un milione.
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Smart Working: modalità prevalente di milioni di lavoratori
Che ne pensano invece coloro che probabilmente dovranno tornare in ufficio? Sono contenti di lasciare lo Smart Working?
Possiamo ipotizzare una risposta leggendo i dati forniti da uno studio di Linkedin, che rivela come molti lavoratori siano fortemente preoccupati per un’eventuale fine dello Smart Working, sia dal punto di vista della sicurezza sanitaria, sia per le proprie condizioni finanziarie e di reddito.
Il 51% dei lavoratori, infatti, teme che i propri colleghi e clienti non seguano le misure di sicurezza e le linee guida al loro rientro in ufficio, mentre il 26% prevede un calo nei propri risparmi personali nei prossimi sei mesi e il 19% una diminuzione del proprio reddito.
Da prerogativa di poche aziende e usato a piccole dosi da dipendenti e capi (e nemmeno in tutti i settori), a modalità prevalente di lavoro: con il decreto Rilancio, lo Smart Working è entrato a far parte della quotidianità di più di 2 milioni di lavoratori e si è rivelato una risposta efficace per garantire la continuazione in sicurezza delle attività produttive di fronte alla minaccia del Covid-19.
Ma come si è rivelata questa esperienza? Non possiamo negare che i benefici dello Smart Working siano stati enormi, da diversi punti di vista: dalla maggior flessibilità nella scelta degli spazi e degli orari, all’autonomia nell’organizzazione del lavoro, dall’aumento della produttività alla riduzione dell’impatto ambientale…
Se sei interessato ad approfondire i vantaggi dello Smart Working, ti suggerisco questa lettura Smart Working: l’innovazione del lavoro
Eppure accanto alle opportunità e ai benefici non mancano le criticità.
Il “lato oscuro” dello Smart Working
Ebbene sì, anche lo Smart Working, così come ogni modalità sperimentale, non è esente da spunti critici e ora può e deve essere oggetto di riflessioni più approfondite per un ripensamento del lavoro in uno scenario nuovo, tenendo conto dei contesti produttivi e dello sviluppo tecnologico.
Le principali criticità riscontrate in questo periodo con l’applicazione del “lavoro agile” in emergenza sono da ricondurre alla difficoltà nel separare spazi personali e familiari con cicli e tempi di lavoro. Lo Smart Working si è rivelato infatti una modalità lavorativa che ci sta intrappolando in una dimensione in cui non esiste più uno stacco tra il nostro tempo libero e quello produttivo.
Lo “smart work” sembrerebbe una replica esatta, ma a casa, del lavoro in ufficio, con un aggravio di difficoltà, soprattutto per le donne, legate maggiormente alla conciliazione dei tempi della vita privata e quelli lavorativi.
Armati di pc, account di Zoom e fiumi di email, abbiamo trasformato le nostre sale, cucine e camere da letto in uffici e meeting room; i genitori hanno dovuto dividersi tra le lezioni da remoto e le riunioni di lavoro, cercando di separare – spesso nella stessa stanza – due mondi che improvvisamente si trovavano a sovrapporsi.
Da leggere: Guida all’uso di Zoom per videolezioni e meeting online
Aumento del lavoro
Hai mai avuto la sensazione di lavorare più di quanto facessi prima? Abbiamo risparmiato il tempo degli spostamenti e in teoria anche quello dei caffè. Come mai allora il tempo medio che dedichiamo al lavoro ogni giorno è aumentato? Il dato degli Stati Uniti è che il tempo di lavoro è aumentato addirittura del 40%!
Il motivo principale è riconducibile al cambiamento delle abitudini lavorative, che hanno visto da una parte una dilatazione degli orari di lavoro e dall’altra parte la sovrapposizione delle dinamiche familiari, ricche e complesse, con gli impegni di lavoro.
Secondo un’indagine di Linkedin, quasi un italiano su due ha lavorato almeno un’ora in più al giorno: sviluppando il dato, si scopre come ci sia stato un eccesso di 20 ore lavorate in più in un solo mese di Smart Working. Solitamente, il 22% degli intervistati ha iniziato le giornate in anticipo, lavorando dalle 8 o fino alle 20.30, mentre il 24% ha terminato la giornata lavorativa anche dopo.
I Rischi di salute causati dall’Iperconnessione
Quest’attitudine al lavoro, che ha portato molti lavoratori a rispondere più rapidamente alle esigenze dell’azienda e ad essere disponibile online più a lungo del normale, ha avuto anche dei riscontri sulla salute dei dipendenti.
Abbattendo le tradizionali barriere dell’orario di lavoro, un lavoratore perennemente connesso, la cui giornata è caratterizzata dalla continua sovrapposizione tra lavoro e famiglia, potrebbe avere dei gravissimi rischi per la salute: tra cui insonnia, irritabilità, cattivo umore, demotivazione, esaurimento mentale, mancanza di energia e prestazioni inferiori, stress lavoro-correlato.
Smart Working e il Diritto alla Disconnessione
Quindi lo Smart Working è stata un’esperienza positiva o negativa?
Sarebbe ingiusto denigrare questo modello di lavoro alla luce delle criticità riscontrate, ma è altrettanto vero che occorre considerare gli aspetti negativi per ridisegnare le regole del gioco, affinchè tutti i lavoratori possano usufruire del lavoro agile senza limitazioni nella propria libertà e salute e nel rispetto della dimensione personale.
Per questo motivo il 24 settembre il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, incontrerà le parti sociali per regolamentare lo Smart Working e in particolare per affermare il diritto alla disconnessione, ovvero il diritto del lavoratore a non essere reperibile a tutte le ore del giorno.
L’iperconnessione comporta il rischio psicofisico per il lavoratore di connessione continuativa secondo bisogni e tempi del proprio datore. Ecco perchè si prevedono alcune misure per evitare l’esito patologico del “burn out” :
- Concordate le fasce di reperibilità del lavoratore, al di fuori delle quali non può essere chiamato
- Arco temporale non superiore alle 13 ore giornaliere per lo svolgimento delle prestazioni
- Un periodo di riposo minimo di 11 ore ogni 24 e di 48 ore dopo 5 giorni di lavoro consecutivo
- Sorveglianza sanitaria e la tutela in caso di malattia e infortunio, analoga a quella di chi lavora in sede
- Per le attività di lavoro agile che necessitano l’impiego di un computer, anche portatile, in modo sistematico o abituale, per almeno 3 ore giornaliere continuative, è previsto «in capo al datore di lavoro l’obbligo di dare disposizioni affinché i lavoratori effettuino delle interruzioni di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al monitor»
Smart Working e le Donne, equilibriste del lockdown
“Equilibriste”. Così un nuovo report di Save the Children definisce la condizione delle madri in Italia, dove la pandemia ha aumentato lavoro e difficoltà. In realtà le donne si barcamenano da sempre tra famiglia e lavoro, ma la quarantena sembra aver rafforzato alcuni stereotipi di genere e sulle spalle delle donne si è aggravato il carico di cura della famiglia e dei figli.
Una situazione già critica che è ulteriormente peggiorata con l’emergenza Covid-19, specie per i 3 milioni di lavoratrici con almeno un figlio piccolo (con meno di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali (9 mln 872 mila).
Secondo un’analisi elaborata da Save the Children sui questionari somministrati a quasi 1000 mamme, sul fronte lavorativo per 3 mamme su 4 tra quelle intervistate (74,1%) il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli/e, anziani/e in casa, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo (spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare).
Inoltre su 100 occupate con almeno un figlio con meno di 15 anni, 74 hanno lavorato ininterrottamente (contro 66 uomini nella stessa condizione).
Con la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne, soprattutto quelle con retribuzioni più basse e impiegate in settori dove è necessaria la presenza fisica, hanno rischiato di dover decidere di non rientrare al lavoro, aggravando la già difficile situazione dei livelli occupazionali femminili italiani.
Per quelle che invece hanno potuto lavorare in Smart Working, si è intensificato il carico di lavoro e di cura: le madri hanno dovuto gestire la didattica a distanza, che soprattutto per le scuole primarie, necessita di un continuo supporto da parte di un adulto a casa, e soprattutto la gestione del carico emotivo dei figli.
L’Empowerment femminile sarà dunque sostenuto con misure volte a:
- Favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro
- Incentivare la permanenza nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri, mediante il contrasto al part-time involontario, alle dimissioni “in bianco”
- Promuovere strumenti di condivisione delle responsabilità genitoriali e dei carichi di cura
A tutto ciò, va aggiunta la diminuzione del Gender pay gap, con incentivi sulla retribuzione di risultato che portino le imprese ad adottare indici di produttività gender oriented.
Da leggere: Startup femminili: come trasformare la propria idea in una realtà imprenditoriale
Smart Working: le novità del Decreto Agosto
Da settembre, quindi, lo Smart Working subirà profondi cambiamenti: insieme alla regolamentazione della normativa sul “lavoro agile”, infatti, troveremo alcune novità, previste dal Decreto di agosto.
La proroga dello stato di emergenza al 15 ottobre, infatti, ha trascinato con sé anche la possibilità di far ricorso allo Smart Working in forma semplificata, a prescindere dall’accordo delle parti.
Ma con un’importante eccezione: il diritto allo Smart Working per i lavoratori genitori con almeno un figlio minore di 14 anni, previsto dal decreto Rilancio, vale solo fino al 14 settembre.
La ragione è evidente: per quella data è prevista la riapertura delle scuole, e quindi verrà meno la ratio di una previsione adottata proprio per consentire ai genitori di conciliare la cura dei figli, costretti a casa, con la prosecuzione dell’attività lavorativa.
Dopo il 14 settembre (e fino al 15 ottobre), gli unici lavoratori che potranno “pretendere” di rendere la prestazione in Smart Working saranno i disabili gravi o quelli che hanno un disabile grave nel proprio nucleo familiare, nonchè quelli che, sulla base di una valutazione del medico competente, siano maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da altre malattie in corso.
L’Era del Lavoro Post Covid
Dopo una tempesta epidemiologica come quella che si è abbattuta sul nostro Paese e sul mondo intero, è fisiologico chiedere “E ora, che si fa? Cosa ci aspetta?”
Paurosi, confusi, critici e speranzosi: così sono gli italiani in questo periodo. Emerge una sorta di negazione delle minacce future, da una parte c’è una certa ritrosia ad accettare le difficoltà della nuova realtà in cui siamo entrati, dall’altra parte emerge una fatica di istituzioni e aziende a raccontare la crisi e a preparare le fasi successive a quello che verrà dopo.
Ma una cosa è certa: il lavoro non sarà più come prima. Forse dovremo dimenticare routine da ufficio, di treni e autobus affollati, di ingorghi nelle strade, di fretta di arrivare in fabbrica o alla propria scrivania, di timbrare il cartellino per 8 ore dal lunedì al venerdì…
Il post covid-19 invece è fatto di lavoro, dove possibile, riorganizzato da remoto attraverso lo Smart Working, di pendolari non più in perenne viaggio, di case trasformate (più o meno con successo) in uffici, di team riorganizzati e video chiamate.
Nel mondo nuovo del dopo virus il vero pericolo sarebbe tornare alla vecchia normalità. Perché la normalità si è rivelata con tutti i suoi problemi, fatta – almeno in Italia – di burocrazia, assistenzialismo, attendismo, resistenza all’innovazione o sua interpretazione riduttiva. Bisogna cominciare ad accogliere il cambiamento e guardare oltre, prefigurando modelli nuovi di impresa.
Occorrono sistemi rigenerativi, resilienti e sostenibili, capaci di iniziative tempestive, coraggiose e lungimiranti.
«La ‘lezione’ di questa pandemia dovrebbe portare il mondo del lavoro ad entrare in una nuova era in termini di aspettative pubbliche per la responsabilità sociale delle imprese – ha dichiarato Oscar Di Montigny, fondatore e Presidente di Be Your Essence – Le aziende dovrebbero riconsiderare seriamente la loro missione e i loro valori evolvendoli in una vera e propria vocazione, iniziando dal porsi domande come: perché l’azienda esiste? Chi la anima? In che modo la sua operosità può (e deve!) contribuire ad un futuro nuovo? »